I social network sono parte ormai integrante della nostra vita. Anche chi non vi vuole comparire in nessun modo in realtà comunica molto di se stesso anche con questa scelta. Che piaccia o meno i social network sono diventati la nuova città, che potremo definire digitale piuttosto che virtuale. Infatti, come molti avvenimenti, anche drammatici, possono testimoniare, quanto accade sui social ha decisamente una condizione di realtà.
Nel mondo digitale proiettiamo una nostra immagine: senza alcun dubbio questo ha a che vedere con il come si è strutturata la nostra identità.
Rispetto ai rapporti più convenzionali, nel mondo digitale si ritiene di avere una maggiore possibilità di controllo sulla propria immagine. Possiamo infatti costruirla, filtrarla in vari modi. Usando il nostro vero nome, con l’uso delle foto, dei post, delle informazioni da condividere e così via.
Ognuno può provare a diventare ciò che vuole, o, al contrario, ad esprimere in modo più o meno funzionale la propria parte più nascosta. Ed infatti due sono i meccanismi fondamentali che entrano qui in gioco.
Il primo ha a che vedere con l’identificazione. Tutti scegliamo dei modelli nei quali identificarci. Possono essere persone di riferimento, a partire dai familiari. Oppure persone famose, personaggi pubblici, del mondo dello spettacolo, della politica, dello sport. Addirittura possiamo scegliere personaggi immaginari o fantastici, creati da qualcuno, come i supereroi, i personaggi del cinema o della letteratura. Ci si può identificare in una squadra, in un partito, in una fede o in un luogo. A volte sono modelli positivi, altre sono modelli di ribellione o negativi. Possiamo provare ad imitare il modello scelto, seguendo le sue orme. Oppure andare anche in competizione con esso. Possiamo sentirci bene quando riteniamo di avvicinarci a lui o inadeguati quando ci sembra lontano. Ed inevitabilmente tutto questo si esprimerà nella nostra identità virtuale.
Il secondo meccanismo è il confine che poniamo tra quello che ci piace e che approviamo di noi stessi e quello che invece rifiutiamo. Stiamo parlando della nostra Ombra, un termine che ben conoscono i miei lettori. L’Ombra è la nostra metà indesiderata, la parte reietta della nostra anima e del nostro corpo. Una parte che però ben ci appartiene, e, dato il trattamento che le riserviamo, difficilmente ci è amica. Proprio per questo agisce con tanta più potenza noi la rifiutiamo. Ed inevitabilmente quindi è molto attiva, in un modo o nell’altro, nell’esprimerci anche sul web.
Ma come può tutto questo esserci utile? In due modi. Il primo riguarda noi stessi, per meglio conoscerci ed essere più efficaci. Quali sono i nostri modelli? In chi o in cosa ci identifichiamo e come esprimiamo questo nella nostra vita digitale? Allo stesso tempo possiamo scoprire come le parti di noi che odiamo e che rifiutiamo, appunto la nostra Ombra, viene celata oppure espressa in altre forme, ad esempio nell’anonimato o in un nickname.
La seconda riguarda il come tutelarci in questa vastissima comunità digitale. Le persone che qui incontriamo in che cosa sembrano identificarsi? In personaggi positivi, ribelli, distruttivi o cosa? Ed allo stesso tempo possiamo farci una semplice domanda. Se quello che ci viene messo davanti è abbastanza chiaro, qual è la parte in Ombra? Cosa quella persona non vede e quindi non mostra di sé?
Questa volta non vi lascio con un esercizio, ma con una semplice riflessione. Meglio forse un po’ di prudenza per le persone inevitabilmente “solari” e magari anche verso quelle a tutti i costi “negative”. Meglio le persone che sembrano esprimere con equilibrio le proprie polarità, riconoscendo ed integrando le proprie parti piuttosto che scegliendone ed esprimendone solo una metà.